A chi è esausto e non ce la fa più ricordo che anche Ada Blackjack era arrivata allo stremo delle forze. Aveva una fame tremenda ed era sola, su di un’isola sperduta, nel Mare della Siberia.
Per questo imbracciò per la prima volta un fucile e uccise una foca. Aveva 25 anni, Ada, ma riuscì a sezionare l’animale attirando l’attenzione di un’orsa e del suo cucciolo. Terrore. Altro sparo. Fuga dei due.
Questa situazione estrema, scritta nel diario della giovane inuit, unica sopravvissuta di una spedizione sull’isola di Wrangel, è una delle tante che Ada affrontò nei sette mesi di permanenza (dei quali due da sola) fra temperature artiche, venti taglienti, oceano ghiacciato e nebbie fittissime.
Perché era lì?
Originaria dell’Alaska, Ada si sposò a 16 anni con Jack e dei tre figli nati da quell’unione infelice, solo uno sopravvisse: Bennet. Correva l’anno1921 quando il marito la abbandonò.
Ada, per salvare Bennet malato di tubercolosi, percorse a piedi 65 km fino a Nome dove, lasciato il bimbo in un orfanotrofio, accettò l’ingaggio di un esploratore canadese che, ad una cuoca capace di cucire, offriva 50 dollari al mese (indispensabili ad Ada per curare il figlio) per prender parte a una spedizione sull’isola di Wrangel.
Obiettivo: strappare quella terra ai russi e annetterla al Canada.
Settembre 1921. Ada parte con quattro uomini e una gatta. Il primo anno va tutto bene ma, nell’estate del 1922, il ghiaccio non permette alla nave di raggiungerli e, sopraggiunto l’inverno e finite le provviste, tre uomini si allontanano in slitta per cercare aiuto, ma di loro non si troveranno nemmeno i corpi.
Ada, rimasta ad accudire il quarto uomo, Lorne, malato di scorbuto, ogni giorno percorre molti chilometri per cercare legna, alghe, radici.
Il 14 marzo 1923 inizia a scrivere il diario dove racconta delle trappole per le volpi, degli indumenti che si fa, della cecità causata dalla neve, degli insulti di Lorne, degli orsi, della costruzione di una barca, del suo sempre ringraziare «Jesus and his Father» (Gesù e il Padre).
Giugno 1923. Lorne muore e Ada, sola con la gatta in quella gelida prigione a cielo aperto, trae forza dalla lettura della Bibbia e dalle ciabatte che cuce per il figlio.
Il 10 giugno fa testamento ma il 19 agosto arrivano i soccorsi e suo figlio, curato a Seattle, guarirà.
Questa storia non appartiene all’Oceano Artico, ma ci riguarda da vicino perché anche noi, come Ada, nei momenti tremendi possiamo ricordarci di non essere soli e sfoderare l'istinto di sopravvivenza, un turbo che innesca il nostro potere da supereroi.
Mi chiedo: siamo consapevoli delle nostre potenzialità o solo dei nostri limiti?
Se il presente è il momento del discernere, oltre che dell’agire, perché facciamo fatica a effettuare una svolta netta persino quando stiamo malissimo?
Ci siamo abituati al calduccio abituale del pantano o è la libertà di decidere che ci spaventa, un tuffo nell’oltre abitato dai rischi e dalle conseguenze delle nostre scelte?
In ballo c’è la nostra sopravvivenza mentale, fisica, spirituale e un cuore saturo di paure, rimpianti, sogni infranti ma affamato di serenità che attende paziente, ma non in eterno, il nostro passare all’azione.
Ti leggo l'articolo: QUI
LIBRO ARTICOLI 2020 - 2024: LINK
#20 settembre 2025
#GiornaleDiBrescia
LEGGI GLI ALTRI ARTICOLI