Aforismi, brani, poesie... perché la bellezza invada il mondo.

Amore condizionato - Mauro Scardovelli

Se un padre vede il figlio come un suo prolungamento

, se desidera ardentemente che nella vita realizzi certi traguardi, ottenga determinati risultati, occupi una certa posizione, si può dire che ami suo figlio? Se si sacrifica per lui, se fa in modo che abbia più del necessario, se lo protegge da ogni sofferenza? Se lo guida passo a passo nelle scelte che compie, in modo che corrispondano alle sue aspettative? In modo che suo figlio impari ad assecondare il tipo di esistenza che ha sognato per lui? E’ questo che si intende per amore?

 

Un figlio che vive un tale rapporto con il padre, può dirsi libero? Libero di esplorare, di cercare la sua strada, di sbagliare, pagarne il prezzo, cercare ancora?

 

Chi, dosando attenzione, affetto, cura, condiziona un’altra persona, la ama davvero?

 

Che cosa è il condizionamento, se non l’utilizzo della paura per privare altri della libertà di scegliere, di rischiare? della libertà di conoscere autonomamente, in primo luogo se stesso, i propri talenti, aspirazioni, sentimenti, bisogni?

 

E’ compatibile l’amore con il condizionamento?

 

E’ compatibile l’amore con la paura, con la privazione della libertà di conoscere e di conoscersi?

 

 

 

Se si riflette su tali domande, si comprende che l’amore condizionato è un’ossimoro, cioè una contraddizione in termini. Dove c’è condizionamento, dove c’è privazione o riduzione di libertà, non ci può essere amore. La parola corretta, il proper name, non è amore, ma possesso.

 

 

 

Eppure è attraverso questo tipo di non amore che molti genitori credono di educare i figli. E’ questa educazione? O non è piuttosto una forma di condizionamento diretto a stimolare paura, sottomissione e adattamento?

 

La famiglia è la cinghia di trasmissione della società. La società, qualsiasi società, pone dei limiti alla libertà di pensare, di credere, di formarsi libere opinioni. E in tal modo forgia le menti dei suoi appartenenti mediante l’interiorizzazione di schemi mentali, schemi percettivi, schemi di pensiero, che passano inosservati, in quanto condivisi da tutti. Diventano come l’aria che respiriamo.

 

 

 

Questi schemi sono come gabbie di una prigione di cui avvertiamo il peso, senza più riuscire a vederne le sbarre.

 

 

 

Secondo Krishnamurti, l’educazione, la vera educazione, dovrebbe svolgere una funzione del tutto diversa, direi opposta: rendere libere le persone dai condizionamenti sociali. Come? Imparando a vederli, a riconoscerli per quelli che sono: fardelli imposti alla nostra libertà di pensiero. Perduta la libertà di pensare, perdiamo anche la capacità di amare. E qui inizia la sofferenza, in quanto siamo fatti per amare. Amare è una funzione che ci accomuna, come camminare, mangiare o dormire.

 

 

 

Essere educati alla società comporta quindi un prezzo spesso molto elevato.

 

Freud aveva intuito questa verità (v. Il disagio della civiltà).  Ma solo parzialmente, in quanto aveva considerato questo disagio necessario e inevitabile.

 

Krishnamurti concorda con Freud su un punto: finché non ci risvegliamo dall’ipnosi del condizionamento, viviamo in una sorta di prigione. I nostri tentativi di ribellione sono solo diretti a spostarci da una parte all’altra della stessa prigione. Ma Krishnamurti non ritiene questa condizione insuperabile. Al contrario, ritiene che il suo superamento sia l’essenza stessa dell’educazione, quella vera, non quella diretta ad ammaestrarci e a sottometterci. Su questo punto la distanza tra Krishnamurti e Freud non potrebbe essere più grande.

 

 

 

 

 

Quando riceviamo amore condizionato, impariamo ad amarci in modo condizionato: posso volermi bene, posso stimarmi, apprezzarmi, SOLO SE SODDISFO CERTE CONDIZIONI (vedi file amore e giudizio):

 

 

 

essere gentile e affidabile

 

essere generoso

 

essere capace e competente

 

 

 

essere ineccepibile

 

essere prestante

 

essere forte

 

ecc.

 

 

 

Le condizioni di amabilità, o condizioni di valore, diventano condizioni di felicità. Non posso essere felice, non posso essere amato, non ho valore se…

Una volta interiorizzato questo schema, la libertà cessa di esistere. E con essa la capacità di conoscere e amare sé e gli altri.

 

FONTE: http://www.mauroscardovelli.com